“Novacene. L’età dell’iperintelligenza” è l’ultimo libro di James Lovelock scritto con Bryan Appleyard e tradotto da Allegra Panini per Bollati Boringhieri.

Quando nel 1979 scrisse il suo primo libro su «Gaia» ― la Terra interpretata come un organismo vivente in grado di autoregolarsi ― James Lovelock approdò sulle pagine dei giornali di tutto il mondo. L’ipotesi, così radicale e dirompente, sembrò a molti un’idea assurda e ben poco scientifica ma, dopo decenni di accesissime discussioni, è diventata ormai un concetto saldamente attestato, sia nell’ambiente scientifico sia nel pensiero comune.
Oggi James Lovelock (nato nel 1919) festeggia un secolo di vita e sembra tutt’altro che rassegnato a farsi da parte.

In “Novacene” affronta infatti due dei temi più attuali, inquietanti e complessi della contemporaneità:
- il nostro rapporto con le macchine intelligenti
- e il destino della Terra.
Secondo Lovelock, l’Antropocene ― l’era geologica in cui la nostra specie si è dimostrata un fattore critico per l’intero pianeta ― farà presto spazio all’età successiva, il «Novacene», quella della collaborazione tra l’uomo e le macchine.
Nuovi esseri prenderanno forma dall’intelligenza artificiale che noi abbiamo progettato. Penseranno 10.000 volte più velocemente dell’uomo e ci guarderanno forse con la stessa condiscendenza con cui noi guardiamo le piante.
Eppure ― e qui sta il guizzo del pensatore di genio ― tutto questo non si trasformerà in un incubo alla Terminator o alla Matrix, perché questi esseri iper-intelligenti sapranno (anche meglio di noi) di essere totalmente dipendenti dal buon stato di salute del pianeta: come noi, anche le macchine avranno bisogno del sistema regolatore di Gaia per sopravvivere, e dal momento che Gaia dipende dalla vita organica, sarà loro interesse preservarla.
C’è di più: il Novacene potrebbe essere addirittura l’inizio della conquista dell’intero cosmo da parte di un’intelligenza diffusa. L’alba di un nuovo universo.
Casa Editrice: Bollati Boringhieri – Pagine: 128 – ISBN: 8833933563
James Lovelock (1919) è considerato un’icona della scienza del XX secolo. Chimico e scienziato, membro della Royal Society, ha collaborato tra le altre cose ai programmi spaziali della NASA che hanno portato la sonda Viking su Marte, ideando i rilevatori che avrebbero dovuto verificare la presenza di vita sul Pianeta rosso. Interessato a tematiche ambientali, è anche noto per aver messo a punto il metodo che ha permesso di individuare il buco dell’ozono, oltre che – naturalmente – per aver proposto l’audace teoria di Gaia. Oggi vive in Cornovaglia, dove continua a condurre ricerche nella sua casa-laboratorio, anche dopo aver superato la soglia dei cento anni.
(aggiornato al 29 gennaio 2021)